Il "Populismo", parola abusata e falsata nel suo significato. Solo per fregare meglio il Popolo credulone...

Pubblicato il da Albertone Frailis

Il "Populismo", parola abusata e falsata nel suo significato. Solo per fregare meglio il Popolo credulone...

Cari politici distribuiti su tutti i livelli della nostra “società politica” (locali, provinciali, regionali, nazionali) imparate una volta tanto il senso delle parole che pronunciate e, soprattutto, comprendetele. Scorrendo e analizzando alcuni discorsi che vengono pronunciati in seno ai Consigli Comunali di tantissimi paesoni di questa nostra provincia sassarese assistiamo, non sappiamo quanto volutamente, ad un uso vergognosamente improprio di una parola che oggi va tanto di moda. Si sa, e voi cari lettori me lo insegnate, che esistono alcune parole che, nell’attuale scenario, vengono spesso usate dai politici e dai mass media in modo per lo più inadeguato. Abbiamo potuto notare che più determinate parole sono inflazionate e abusate, più sono al tempo stesso usate in modo scorretto: con ciò la nostra classe politica, come dicevo a tutti i livelli comprese le sezioni periferiche dei partiti dislocate nei più sperduti paesi, che è l’artefice spavalda di questa vera e propria manipolazione, dimostra così di essere doppiamente miserevole, sia per la crassa ed evidentissima ignoranza culturale, sia per l’abietta disonestà intellettuale di certuni. Un termine che rappresenta al meglio questa distorsione politico-mediatica è “Populismo”. Questa è, almeno adesso, una delle parole maggiormente abusate nella scena politica e mediatica nazionale. Dall’esplosione dello tsunami di Beppe Grillo e l’ingresso del Movimento Cinque Stelle dentro al Parlamento, la parola “populismo” è diventata una delle più storpiate da qualsiasi mezzo d’informazione e all’interno di qualsiasi discorso politico. Il dizionario Treccani afferma che per “populismo” si intende il “movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia” tra il 19° e 20° secolo, “che si proponeva di raggiungere […] un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specialmente dei contadini e dei servi della gleba”.

Attenendosi dunque al significato proprio e originario di questo termine, non vi troviamo assolutamente niente di negativo o di criticabile, mentre quando chicchessia, ignorantemente e in completa malafede, usa questa parola oggi, le conferisce un significato dispregiativo, confondendola di fatto con un’altra parola, che in realtà è “demagogia“. Facciamoci caso: quando (troppo spesso) si sente parlare il politico di turno, riferendosi, e non solo, al Movimento Cinque Stelle, la parola più benevola che pronuncia è “populista” o “populismo”, intendendola comunque come se fosse un sinonimo di “demagogo” o “demagogia”. Restando in tema, ad esempio, “Populismo/Movimento Cinque Stelle”, sono significative le parole di Noam Chomsky che, riflettendo sul V-Day del 2007, giudica “interessante” l’accusa di “populismo” mossa a Beppe Grillo. Chomsky ci dà un’ottima definizione: “Populismo significa appellarsi alla popolazione“. Chi detiene il potere vuole invece che la popolazione venga “tenuta lontana dalla gestione degli affari pubblici”. Chomsky ritiene al contrario che “la popolazione dovrebbe essere partecipe e non spettatrice”. Tenere la popolazione lontana dalla cosa pubblica è una posizione “comune tra i liberal, gli intellettuali democratici e, da loro, si trasferisce alle classi dirigenti”. Ciò, unito al fatto che le figure che vengono candidate alle elezioni sono “create dal mondo economico” (perché create tramite finanziamenti di tipo lobbistico e commerciale), contribuisce ad attribuire ai partiti una funzione totalmente “apolitica”, trasformandoli di fatto in macchine addette alla “produzione di candidati attraverso meccanismi che sono controllati da concentrazioni di potere economico che emarginano la popolazione”. Se per populismo dunque si intende una concezione della politica che ravvicini i cittadini alla cosa pubblica e dia la priorità agli interessi della popolazione anziché a quelli ristretti di una esigua élite di privilegiati, la cosa non è solo positiva, ma ha un nome preciso: “democrazia”. Nello specifico, in Italia, in cui la contrapposizione tra “casta” (o, meglio, “caste”) e la cittadinanza è considerevolmente più netta e marcata rispetto a molti altri paesi europei, la volontà di una maggiore giustizia ed equità, non solo economica, ma anche di partecipazione democratica, non può che essere considerata altro che un sentimento nobile e giusto. L’errato utilizzo di questa parola (insieme a molti altri, purtroppo) denota quanto la politica e l’informazione, intrinsecamente e patologicamente collegate, seguano più una “moda” nel parlare e nell’usare certi termini, quando in realtà questa gente non sa neanche di che cosa sta parlando. Temo però (e questo sarebbe l’aspetto più grave e deleterio) che l’intento sottile perseguito da questa operazione consista nel voler far passare nella testa della gente l’idea ultima che qualsivoglia difesa degli interessi popolari, quantunque nobile in sé, sia purtroppo illusoria, utopica, perché in contrasto con la dura realtà economica e le sue immodificabili leggi liberistiche. Insomma, una pia quanto infantile posizione da “anime belle”, a fronte di una coriacea realtà con cui invece occorre confrontarsi in modo maturo.

Con tag Politica

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post